STORIA

Dante Pantaleoni nasce a Modena nel 1915 e attraversa il secolo con uno sguardo fuori dal tempo. Pittore raffinato, studioso silenzioso, instancabile ricercatore della bellezza nascosta, ha dedicato tutta la vita a un’arte segreta, sottratta ai riflettori e custodita nell’intimità di un’esistenza votata alla ricerca. La sua pittura non è mai stata semplice rappresentazione: è meditazione, intuizione, svelamento.
Nel cuore del suo percorso c’è Elisabetta Cicchetti, compagna di vita, musa ispiratrice e custode del suo lascito. Incontrata nel 1944 nello studio di una scultrice comune, fu lei a coglierne per prima la profondità e la grazia. Uniti da una sintonia rara, Elisabetta e Dante hanno condiviso un’intera vita di studio, viaggi, esperienze non convenzionali e scelte controcorrente. Dal Marocco all’Egitto, passando per l’Albania, la Spagna e l’Italia più arcaica, i due hanno esplorato territori geografici e interiori con la stessa curiosità appassionata. La loro casa a Riccione e l’eremo sul lago di Monterosi sono stati i rifugi dove quell’arte ha potuto nascere, fiorire, sedimentarsi.
STORIA

Dante Pantaleoni nasce a Modena nel 1915 e attraversa il secolo con uno sguardo fuori dal tempo. Pittore raffinato, studioso silenzioso, instancabile ricercatore della bellezza nascosta, ha dedicato tutta la vita a un’arte segreta, sottratta ai riflettori e custodita nell’intimità di un’esistenza votata alla ricerca. La sua pittura non è mai stata semplice rappresentazione: è meditazione, intuizione, svelamento.
Nel cuore del suo percorso c’è Elisabetta Cicchetti, compagna di vita, musa ispiratrice e custode del suo lascito. Incontrata nel 1944 nello studio di una scultrice comune, fu lei a coglierne per prima la profondità e la grazia. Uniti da una sintonia rara, Elisabetta e Dante hanno condiviso un’intera vita di studio, viaggi, esperienze non convenzionali e scelte controcorrente. Dal Marocco all’Egitto, passando per l’Albania, la Spagna e l’Italia più arcaica, i due hanno esplorato territori geografici e interiori con la stessa curiosità appassionata. La loro casa a Riccione e l’eremo sul lago di Monterosi sono stati i rifugi dove quell’arte ha potuto nascere, fiorire, sedimentarsi.
Nel cuore del suo percorso c’è Elisabetta Cicchetti, compagna di vita, musa ispiratrice e custode del suo lascito. Incontrata nel 1944 nello studio di una scultrice comune, fu lei a coglierne per prima la profondità e la grazia. Uniti da una sintonia rara, Elisabetta e Dante hanno condiviso un’intera vita di studio, viaggi, esperienze non convenzionali e scelte controcorrente. Dal Marocco all’Egitto, passando per l’Albania, la Spagna e l’Italia più arcaica, i due hanno esplorato territori geografici e interiori con la stessa curiosità appassionata. La loro casa a Riccione e l’eremo sul lago di Monterosi sono stati i rifugi dove quell’arte ha potuto nascere, fiorire, sedimentarsi.
È grazie a lei, oggi, che la memoria di Dante è ancora viva. La sua dedizione, l’attenzione quasi liturgica con cui ha preservato ogni opera, ogni parola, ogni intuizione del marito, hanno permesso che quell’eredità potesse ora essere restituita al mondo. Non solo custode, ma interprete autentica del suo linguaggio poetico, Elisabetta ha compreso fin da subito la forza autonoma dell’opera di Dante: una pittura “riassunta”, libera da condizionamenti formali, capace di attingere al mistero senza temerlo.
Profondamente affascinato dalla pittura pompeiana, Pantaleoni fu tra i pochi artisti italiani a cercarne un rinnovamento autentico, riscoprendone i segreti tecnici e spirituali. Il suo lavoro fu riconosciuto anche in ambito accademico e scientifico, tanto da essere studiato da figure di spicco internazionali, come i membri della Società Italiana di Archeologia e del Centro Internazionale per il Restauro dei Beni Culturali dell’UNESCO.

È grazie a lei, oggi, che la memoria di Dante è ancora viva. La sua dedizione, l’attenzione quasi liturgica con cui ha preservato ogni opera, ogni parola, ogni intuizione del marito, hanno permesso che quell’eredità potesse ora essere restituita al mondo. Non solo custode, ma interprete autentica del suo linguaggio poetico, Elisabetta ha compreso fin da subito la forza autonoma dell’opera di Dante: una pittura “riassunta”, libera da condizionamenti formali, capace di attingere al mistero senza temerlo.
Profondamente affascinato dalla pittura pompeiana, Pantaleoni fu tra i pochi artisti italiani a cercarne un rinnovamento autentico, riscoprendone i segreti tecnici e spirituali. Il suo lavoro fu riconosciuto anche in ambito accademico e scientifico, tanto da essere studiato da figure di spicco internazionali, come i membri della Società Italiana di Archeologia e del Centro Internazionale per il Restauro dei Beni Culturali dell’UNESCO.

La sua visione era lucida, esigente, poetica: credeva che la luce — quella vera, interiore, non effimera — potesse ancora essere colta e trattenuta. Per questo, negli ultimi anni, aveva scelto superfici sempre più intime, spesso di piccole dimensioni, sulle quali fissare la vibrazione essenziale di un’intuizione, di un sogno, di una verità.
Oggi la Fondazione ne raccoglie l’eredità, ma anche il battito vitale. Perché Dante Pantaleoni non ha lasciato solo un’opera: ha lasciato un modo di guardare, un modo di vivere. E accanto a lui, indissolubilmente, Elisabetta — che continua a essere la voce e il cuore pulsante di questa storia.
La sua visione era lucida, esigente, poetica: credeva che la luce — quella vera, interiore, non effimera — potesse ancora essere colta e trattenuta. Per questo, negli ultimi anni, aveva scelto superfici sempre più intime, spesso di piccole dimensioni, sulle quali fissare la vibrazione essenziale di un’intuizione, di un sogno, di una verità.
Oggi la Fondazione ne raccoglie l’eredità, ma anche il battito vitale. Perché Dante Pantaleoni non ha lasciato solo un’opera: ha lasciato un modo di guardare, un modo di vivere. E accanto a lui, indissolubilmente, Elisabetta.
Oggi la Fondazione ne raccoglie l’eredità, ma anche il battito vitale. Perché Dante Pantaleoni non ha lasciato solo un’opera: ha lasciato un modo di guardare, un modo di vivere. E accanto a lui, indissolubilmente, Elisabetta.